Chiara
Madaro
Il
ruolo degli intellettuali e delle scienze umanistiche, alla
berlina in quanto inutili e improduttive, hanno, invece, una funzione
fondamentale nel disperdere le brume cognitive accumulate nelle ‘congiunzioni astrologiche’ contemporanee.
Diventano
indispensabili alcuni focus su realtà che, viaggiando su banda larga,
appaiono cristallizzate favorendo la creazione di infiammazioni culturali,
generando incomprensioni, alimentando confusione. Molte di queste realtà,
invece, evolvono in funzione del contesto geopolitico in cui si trovano. La
cronaca di ogni giorno assolve alla funzione di mostrarci lo stato acuto di
quella realtà, ma non le radici e le risorse
cui attinge per crescere in superficie. A questo servono gli
intellettuali i quali, per definizione, dipanano i garbugli della mente.
E’ il
caso della confusione generata nel corso dei decenni intorno ai concetti di
antisemitismo e antisionismo. Questi termini vengono spesso usati come se
avessero un significato intercambiabile.
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| Prof. Sai Englert, Sussex University |
Il
Sionismo è, infatti, un movimento politico nato in un momento drammatico per
l’Europa e per il mondo intero, tale per cui si pensò che l’unico modo che gli
ebrei avevano per sfuggire all’antisemitismo, fosse costruire un proprio Stato.
Questo Stato fu costituito in Palestina a spese del popolo che già viveva in quelle terre, i palestinesi. Nel 48 iniziarono le espulsioni di oltre 700mila
palestinesi e la distruzione di oltre 400 villaggi. Si tratta di ingiustizie
che si perpetrano ancora oggi con l’espansione degli insediamenti nella West
Bank, il blocco della Striscia di Gaza, o attraverso le oltre 60 leggi
indirizzate specificamente ai cittadini palestinesi di Israele. Questi
interventi militari sono tutti ancora operanti nel nome del Sionismo.
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| Un giovane ebreo ortodosso antisionista durante una manifestazione a Londra |
Sfortunatamente
oggi l’antisionismo è confuso con l’antisemitismo. Ma dovrebbe essere chiaro
che non hanno nulla a che vedere l’uno con l’altro. Se il primo rifiuta l’idea
di uno stato suprematista etnico o religioso in Palestina, il secondo odia gli
ebrei per il fatto di essere ebrei. Ma confondere i piani di antisemitismo e
antisionismo, comporta una serie di assunzioni che non dovrebbero mai essere
accettate. In primo luogo che ogni ebreo è sionista o che i sionisti parlino
per esprimere il pensiero di tutti gli ebrei. Un’idea che per lo storico
Englert è profondamente razzista. Infatti essa assume che un intero gruppo di
persone possa essere semplificato sotto un’unica banda ideologica. Niente di
più lontano dalla realtà. Israele non rappresenta il punto di vista di tutti
gli ebrei.
Molti
ebrei nel mondo sono antisionisti per motivi politici o religiosi, mentre altri
semplicemente conoscono molto poco a riguardo e non hanno un’opinione. In
secondo luogo l’idea che tutti i sionisti siano ebrei. Ancora una volta nulla
di più lontano dalla realtà. Ad esempio, ci sono molti cristiani sionisti,
soprattutto negli Stati Uniti, mentre molti politici o partiti politici in
occidente, sono sionisti.
Non ha
nulla a che vedere con l’ebraismo ma molto a che vedere con la politica estera
e con la stretta alleanza tra i loro paesi con Israele.
Infine,
la sovrapposizione tra le due idee, spesso assume che il sionismo colpisca solo
gli ebrei. Questo approccio, spesso ripetuto nel dibattito corrente, cancella
il fatto che la principale vittima del movimento sionista è stato e continua ad
essere il popolo palestinese. Il rifiuto palestinese del sionismo, la richiesta
di uguali diritti e il desiderio di poter tornare alle case da cui sono
stati espulsi, non ha nulla a che vedere con l’ebraismo o gli ebrei in ogni
caso. Invece ha tutto a che vedere con l'opposizione al progetto di
insediamento coloniale che continua a togliere possesso e opprimere i
palestinesi nelle proprie terre.
L’antisionismo è, prima di ogni altra cosa, una forma di solidarietà con le richieste di un popolo colonizzato che continua a lottare per la sua libertà. Vi è un semplice eppure potente principio: che gli stati non saranno liberi finchè tutti non otterranno di essere liberi. In questo senso la battaglia contro l’antisemitismo e la battaglia contro il sionismo sono la stessa cosa. Sono entrambe battaglie contro oppressione e razzismo, contro la supremazia etnica. In una parola contro l’ingiustizia. Secondo il vecchio slogan: l’antisemitismo è un crimine, l’antisionismo un dovere, conclude il Prof.Englert.
L’antisionismo è, prima di ogni altra cosa, una forma di solidarietà con le richieste di un popolo colonizzato che continua a lottare per la sua libertà. Vi è un semplice eppure potente principio: che gli stati non saranno liberi finchè tutti non otterranno di essere liberi. In questo senso la battaglia contro l’antisemitismo e la battaglia contro il sionismo sono la stessa cosa. Sono entrambe battaglie contro oppressione e razzismo, contro la supremazia etnica. In una parola contro l’ingiustizia. Secondo il vecchio slogan: l’antisemitismo è un crimine, l’antisionismo un dovere, conclude il Prof.Englert.
Riflessioni
che oggi appaiono urgenti sebbene già alcuni decenni fa abbiano avuto tribune e
interpreti preziosi. Come il leader burkinabé Thomas Sankara il quale, in un
discorso alle Nazioni Unite il 4 ottobre 1984, prese posizioni nette contro
l’arroganza militare israeliana, ponendola sullo stesso piano della deplorevole
esperienza sudafricana dell’Apartheid.
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| Nelson Mandela, movimento anti Apartheid |
Chomsky nota che, in effetti, negli anni 70 e 80 l’establishment israeliano guardava con attenzione a quanto accadeva in Sudafrica con l’Apartheid. L’obiettivo consisteva nel riproporre anche in Palestina il medesimo modello. In quegli anni, ricorda l’intellettuale, il Sudafrica era alleato di Gran Bretagna e Stati Uniti che guardavano a Mandela e al Congresso nazionale africano come ad una delle maggiori organizzazioni terroristiche del mondo.
“È
facile (e nemmeno gratificante) criticare e condannare i crimini degli
altri. È un po' più difficile guardarsi allo specchio e chiedersi cosa si
stia facendo, perché, di solito, non è un’esperienza molto carina. E se abbiamo
una pur minima decenza, proveremo a fare qualcosa al riguardo” – dice Chomsky
nel corso di un’intervista[2].
Chomsky critica i tentativi di chi tenta di chiarire al mondo come non esista
differenza tra antisemitismo e antisionismo. Un tentativo che ha l’evidente
proposito di zittire chiunque abbia uno sguardo critico in merito alle
politiche imperialiste statunitensi su territori ricchi di fonti di energia
fossile. Mettere sullo stesso piano antisionismo e antisemitismo consentirà, infatti,
di partire all’attacco delle menti più critiche accusandole di nazismo e quindi
zittendole. Per Chomsky, d’altra parte, la cosiddetta questione
israelo-palestinese dovrebbe essere chiamata per quello che è, ovvero una
questione USA/Israele contro la Palestina. Una storia in cui è coinvolto anche
il Regno Unito in quanto partner privilegiato degli Stati Uniti.
Così come, “(…) tecnicamente, la lobby ebraica, in realtà, non è una lobby ebraica, è una lobby filo-israeliana. Una parte sostanziale della lobby è costituita da fondamentalisti cristiani che negli Stati Uniti sono una forza molto importante. Gli Stati Uniti sono una delle culture più fondamentaliste del mondo”, afferma Chomsky.
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| Il linguista e politologo ebreo americano Noam Chomsky |
Così come, “(…) tecnicamente, la lobby ebraica, in realtà, non è una lobby ebraica, è una lobby filo-israeliana. Una parte sostanziale della lobby è costituita da fondamentalisti cristiani che negli Stati Uniti sono una forza molto importante. Gli Stati Uniti sono una delle culture più fondamentaliste del mondo”, afferma Chomsky.
Per
questo, rispetto al tema in oggetto, è possibile rintracciare personaggi che
incarnano il fondamentalista cristiano antisemita che è contemporaneamente un
forte sostenitore dell’oppressione e delle atrocità israeliane. Più che una
contraddizione è un potere politico vero e operativo. Il motivo, osserva
Chomsky, come ogni cosa in quell’area del mondo, è il petrolio.
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| Palestinesi lanciano pietre con la fionda oltre un muro divisorio |
“Gli
Stati Uniti, denuncia Chomsky, hanno reagito ufficialmente. Il 3 ottobre
2000, l'amministrazione Clinton ha fatto il più grande affare in 10 anni
inviando nuovi elicotteri militari in Israele, insieme ad altre munizioni
per gli elicotteri Apache Attack (…) Non è che non sapessero per cosa li
stessero usando, lo si poteva leggere sui giornali.
Li stavano usando per attaccare e uccidere civili. Ma avevano bisogno di più armi perché un milione di proiettili nei primi giorni non era abbastanza, quindi dovevamo inviare loro elicotteri e missili d'attacco”, afferma ironicamente e puntando l’indice anche contro gli alleati, rei di non aver alzato un dito per arrestare l’eccidio.
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| Le violenze hanno avuto delle escalation anche in anni più recenti |
Li stavano usando per attaccare e uccidere civili. Ma avevano bisogno di più armi perché un milione di proiettili nei primi giorni non era abbastanza, quindi dovevamo inviare loro elicotteri e missili d'attacco”, afferma ironicamente e puntando l’indice anche contro gli alleati, rei di non aver alzato un dito per arrestare l’eccidio.
D’altra
parte, per il politologo, Israele altro non è se non un ramo del Pentagono, un
esercito con uno Stato. Un esercito che, tatticamente sceglie le forze aeree per
attaccare più efficacemente i civili e fiaccarne la controffensiva o la
capacità di difesa. Polemicamente dice: “Una volta che gli Arabushi (termine
ebraico per ‘negri’) vengono abbattuti e non alzano più la testa il politico
parlerà dal palco della cosiddetta ‘diplomazia’”.
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| Questa foto rappresentò la 2^Intifada |
Una
posizione che ha compromesso le relazioni con i luoghi natii per cui nel 2010 gli
è stato negato l’accesso in Israele[3].
Non si
tratta di posizioni isolate: “Siamo storici ebrei americani ed è per questo che
ci siamo lasciati il sionismo alle spalle”[4],
affermano due accademici sul giornale ebraico on line Haaretz.
“Quando
mi è stato chiesto di partecipare come delegato alla piattaforma progressista
Hatikva durante il Congresso sionista mondiale del 2010, ho incontrato il mio
personale Rubicone, racconta la Prof.ssa Diner, era la linea che non potevo
oltrepassare”. In ballo c’era la richiesta di firmare il ‘Programma di
Gerusalemme’, una dichiarazione di principi in cui viene affermata la
centralità dello Stato di Israele e di Gerusalemme come capitale del popolo
ebraico, si nega la diaspora, e questo comporta la fine di una vita da ebrea
fuori dalla patria israeliana.

Il documento chiede anche di volere un rafforzamento dello Stato di Israele ebreo e sionista. “(…) la singolare insistenza su Israele come stato ebreo e sionista mi ha fatto capire che, almeno alla luce di questo documento, non potevo più definirmi sionista. Gli ebrei costituiscono una razza o un'etnia? Uno stato ebraico significa uno stato razziale?” osserva Diner secondo la quale, l’opera di omogeinizzazione dell’azione sionista ha decretato la morte per una gran quantità di culture ebraiche. Il sionismo socialista che ancora nei primi anni 70 ha costituito la base intellettuale per molti giovani ebrei è, nel corso degli anni, radicalmente cambiato per virare decisamente a destra, su posizioni sempre più estreme, colonialiste e razziste, occupando in maniera sempre più violenta i territori già abitati dai palestinesi.

Il documento chiede anche di volere un rafforzamento dello Stato di Israele ebreo e sionista. “(…) la singolare insistenza su Israele come stato ebreo e sionista mi ha fatto capire che, almeno alla luce di questo documento, non potevo più definirmi sionista. Gli ebrei costituiscono una razza o un'etnia? Uno stato ebraico significa uno stato razziale?” osserva Diner secondo la quale, l’opera di omogeinizzazione dell’azione sionista ha decretato la morte per una gran quantità di culture ebraiche. Il sionismo socialista che ancora nei primi anni 70 ha costituito la base intellettuale per molti giovani ebrei è, nel corso degli anni, radicalmente cambiato per virare decisamente a destra, su posizioni sempre più estreme, colonialiste e razziste, occupando in maniera sempre più violenta i territori già abitati dai palestinesi.
Del
medesimo avviso la Prof.ssa Marjorie Feld. Come molti ebrei, ancora negli anni
80, pensava che l’unico modo per proteggere la cultura ebraica in un mondo
fondamentalmente razzista, fosse lo Stato di Israele. Negli anni
dell’università, lo scontro con le prime critiche al sionismo, soprattutto in
ambienti di sinistra. Il sionismo veniva vissuto come qualcosa di razzista,
colonialista e militarista. Prendere coscienza della realtà ha permesso
l’emersione di una contraddizione fondamentale: “Come poteva Israele essere
l'antidoto al genocidio quando era il prodotto dell'imperialismo e della
pulizia etnica?”.
Ancora
attuale l’invito del Presidente Sankara a ragionare e trovare soluzioni
condivise “(…) sui problemi all'ordine del giorno, che costituiscono la tragica
trama di eventi che dolorosamente rompono le basi del mondo alla fine del
ventesimo secolo. Un mondo in cui l'umanità si trasforma in un circo,
lacerato dalle lotte tra i grandi e i meno grandi, scosso da bande armate,
sottoposto a violenza e saccheggi. Un mondo in cui le nazioni, eludendo la
giurisdizione internazionale, comandano i gruppi fuorilegge, vivono di rapine e
organizzano traffici ignobili, con il fucile in mano”.
[2] Noam Chomsky, ‘Antisemitismo, sionismo e
palestinesi’, venerdi 11 ottobre 2002, intervista in collegamento Skype
registrata da dalla Scottish
Palestine Solidarity Campaign, Peace & Justice Center. In: https://www.variant.org.uk/16texts/Chomsky.html
[3] Haaretz Editorial, “Declaring War on the
Intellect - Israel and Noam Chomsky”, 18 maggio 2010, in: https://www.haaretz.com/1.5121971
[4] Hasia Diner, Marjorie N. Feld, “We’re American Jewish Historians. This Is Why We’ve Left Zionism Behind”,
1 agosto 2016, in: https://www.haaretz.com/opinion/were-american-jewish-historians-this-is-why-weve-left-zionism-behind-1.5418935












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