Tutti i gasdotti portano in Salento.
Di
Chiara Madaro
"Se non fosse stata assassinata, avrebbe
trovato il bandolo della matassa di una storia che inizia in Azerbaijan e
termina con un gasdotto da 40 miliardi di dollari in Europa"[1],
dice Matthew, figlio della giornalista Daphne Caruana Galizia, uccisa da
un’autobomba il 16 ottobre 2017.
Una
storia esplosiva, fatta di riciclaggio di denaro sporco, accordi sotterranei,
mafia[2].
Ad
oltre un anno dal delitto, in Italia non si placano le polemiche sulla
realizzazione del gasdotto. Nell’occhio del ciclone, un movimento politico che ha
stravinto in Puglia promettendo l’azzeramento in due settimane di ogni accordo
relativo alla TAP, Trans Adriatic Pipeline, mentre la politica transnazionale prosegue
indisturbata i suoi giochi di potere nel Mediterraneo.
E
l’Italia nel Mare tra le Terre gioca un ruolo geopoliticamente, economicamente e
militarmente strategico.
Secondo
il Report 2017 del Ministero degli Esteri, “La Strategia Italiana nel Mediterraneo”,
un aspetto rilevante riguarda gli scambi commerciali che animano il
Mediterraneo e vedono lo Stivale tra i partner più attivi. Dati al 2016
riportano in area MENA (Middle East and North Africa) scambi per 70 miliardi di
euro. Una parte apprezzabile spetta al commercio di petrolio: i 2/3 passano
attraverso il Mediterraneo, il 25% dei 300 miliardi di metri cubi di gas è per
l’Italia e passano dal Green Stream (Libia-Italia) e il Transmed (Algeria
–Italia), al 50% operati da ENI e si è in attesa dell’attivazione del TAP, l’ultimo
tratto di un’opera di circa 4 mila chilometri che porterà dal giacimento azero di
Shah Deniz 2 in Italia 10 miliardi di metri cubi di gas destinato al Nord
Europa. In prospettiva si pensa di raddoppiare la portata della pipeline che
attraversa 6 paesi, passa attraverso Georgia, Turchia, raggiunge l’Albania e la
Grecia, si immerge nell’Adriatico per riemergere sulle coste di San Foca a
Melendugno, provincia di Lecce, proprio nel bel mezzo di un’area archeologica e
di interesse storico-paesaggistico e ambientale (l’area protetta delle Cesine
gestita dal WWF). Da qui si snoderà attraverso l’entroterra per mezzo di un
tunnel di 3 metri di diametro che passerà sotto il fondale marino e la spiaggia
proseguendo nell’entroterra fino ad un terminale di ricezione che coprirà
un’area di 12 ettari per poi collegarsi alla Rete Snam[3].
TAP
è un consorzio di compagnie petrolifere straniere: British Petroleum, Statoil,
E.on, Total, Enagas, Axpo, Socar ed altre ed ha sede nel paradiso fiscale di
Baar in Svizzera, dove finiscono i fondi pubblici europei destinati al gasdotto[4].
Unica italiana è Snam accusata di utilizzare fondi pubblici italiani per un gas
destinato al nord Europa e alla Svizzera, mentre l’Italia costituirà
semplicemente una servitù. A carico della spesa pubblica italiana dovrebbe
essere anche il costo delle emissioni di CO2 le quali ricadono sul paese in cui
gli idrocarburi vengono lavorati e non su quelle che ne beneficeranno.
Quest’anno il valore per tonnellata ha superato i 20euro. E in Italia, i
consumi crescono del +3,2% a fronte di una media europea che si attesta all’
1,8%[5]
per un totale di oltre 400 mila tonnellate. Se risulta una riduzione di circa
100mila tonnellate rispetto alle emissioni del 1990, è anche vero che secondo "A
Climate for the Future"[6],
uno studio del 2017 finanziato dal programma europeo Life, il nostro Paese
risulta non classificato a causa dell’imbarazzante assenza di strategie di
decarbonizzazione al 2050, finalizzate all’implementazione delle rinnovabili.
Secondo
i ricercatori, al momento dello studio l’Italia non aveva una strategia al 2050
né la SEN, Strategia Energetica Nazionale era stata elaborata nel rispetto di
parametri ritenuti validi. Risultava, infatti, essere una strategia al 2020
dedicando ai progetti su lungo termine un unico capitolo contenente “una generica lista di aspirazioni
più che una strategia”. I ricercatori notano inoltre che la SEN, adottata nel
marzo 2013 dal Ministero dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente, non ha
costituito una seria presa in carico né da parte del Governo né del Parlamento e
non definisce modalità nè tempi. Non esiste, inoltre, un accenno serio alla
relazione tra economia ed energia secondo una prospettiva di lungo termine. Ci
si limita ad un discorso di riduzione dei costi per i consumatori e si
ripropone vagamente di implementare la crescita dell’economia sostenibile.
Inoltre
i ricercatori non hanno notizia della annunciata conferenza da tenere a Roma
nel 2014 in cui definire le strategie che dovrebbero condurre agli obiettivi
suddetti. Forse perché nel frattempo veniva organizzata l’Offshore
Mediterranean Conference tenuta a Ravenna dal 29 al 31 marzo 2017, in cui
veniva manifestato un orientamento indirizzato in senso contrario: usare il
petrolio esistente nel sottosuolo italiano. In un territorio densamente
popolato, fragile, con architetture storiche da proteggere, il tema non è tanto
dove siano i giacimenti ma dove sia possibile pescare l’idrocarburo a causa di
opposizioni e contestazioni da parte dei cittadini, ovvero dove vi siano le
condizioni sociali e territoriali per poter realizzare questi propositi.
Un
rapporto confidenziale dell’ambasciatore americano Thrun[7]
a Napoli, svelato dai Leaks di Assange, ad esempio, palesa un interesse nei
confronti della Puglia, all’epoca del report governata da Nichi Vendola. Nel
tratteggiare la situazione del settore energetico in Italia, raccontava di una
regione estremamente attiva nel campo delle rinnovabili a fronte di una
mancanza di volontà della politica italiana ad utilizzare fonti alternative
agli idrocarburi, malgrado le risorse di cui il Paese dispone, a causa dell’alto
tasso di corruzione e inerzia. Nota anche con ironia come, malgrado il sud
contribuisca in maniera significativa alla produzione nazionale di idrocarburi
(Basilicata) ed energia rinnovabile (Puglia) al punto da poter rendere il paese
energeticamente autonomo dal gas russo e nordafricano, i Sud paghi addirittura
più del Nord in bolletta. E si fa riferimento all’esistenza accertata di 40
depositi petroliferi nel Tacco d’Italia, la regione più orientale del Meridione,
una lingua di terra che si allunga nel Mediterraneo protendendosi verso aree di
interesse strategico. Un territorio su cui si addensano interessi
sovranazionali di cui pagheremmo un costo sociale, sanitario e politico senza precedenti.
Una
delle incongruenze riguardante questa storia viene alimentata dal presidente
Trump. Solo quest’estate durante un vertice Nato in cui chiede agli alleati di
contribuire con il 4% del Pil alle spese militari minacciando, altrimenti, di
uscire dalla Nato, bacchetta la Germania accusandola di essere ricattabile
dalla Russia a causa del North Stream, riproponendo il vecchio tema delle
conflittuali relazioni Usa/ExUrss. Sarà interessante destrutturare questa
conflittualità. Ad esempio all’azionariato TAP partecipa anche la russa Lukoil con
il 10% e, dalla pubblicazione dei Panama Papers, si comprende anche l’ingresso
di compagnie facenti capo al presidente Putin e al presidente turco Erdogan.
Verrebbe, dunque, a cadere il refrain secondo il quale TAP servirebbe a
sganciare l’Europa dall’approvvigionamento di gas russo, a diversificare le
forniture di combustibili fossili e, dunque, alla sicurezza, dato che i paesi
fornitori sono politicamente instabili. Questo è ciò che viene contrabbandato
dal ‘politically correct’. In pratica succede che TAP sarebbe un nodo cui
allacciare ben altri progetti. Ad esempio dal 2014, ENI insieme a Kogas,
l’omologa sudcoreana, ha avviato una serie di prospezioni tra l’Egitto e Cipro
rinvenendo il giacimento Zhor, situato a 5 miglia nautiche da Cipro. Si tratta
del giacimento di idrocarburi più vasto ad oggi scoperto nel Mediterraneo. Il ritrovamento
ha galvanizzato il settore e attribuito ad ENI un rinnovo del contratto di
esplorazione. TAP, così com’è stato progettato ad oggi, porterebbe verso
l’Italia solo 10 miliardi di metri cubi di gas all’anno, una quantità che
potrebbe lievitare di molto. La Commissione Europea, infatti, sta promuovendo
uno studio di fattibilità attraverso Connect Europe Facility (CEF), due
Progetti di Interesse Comunitario (PCI) che dovrebbero estendere questa
infrastruttura energetica regionale trasformandola in un nuovo East Med
Corridor, un corridoio meridionale orientale, che, secondo alcuni osservatori,
dovrebbe essere indipendente dal Turkish Natural Gas System, vitale per
l’implementazione del Corridoio Sud[8].
Il
condizionale è d’obbligo perché se nel 2013 il corridoio sud del gas è stato
approvato dalle autorità europee come progetto di interesse comunitario (PCI)
per favorire la diversificazione delle fonti da cui l’Europa si approvvigiona
rendendosi così più autonoma soprattutto da quelle russe – così viene
dichiarato - più recenti accordi prevedono in futuro proprio di attingere al
gas russo attraverso il Turkish Stream e l’East-Med Stream.
Il 24 gennaio 2017 a Vienna, durante la
Conferenza europea del gas l’amministratore delegato di Gazprom Alexander
Medvedev ha annunciato che si sta discutendo la possibilità di utilizzare i
gasdotti Poseidon e Trans Adriatic Pipeline per esportare il gas verso l’Europa[9].
Non solo Azerbaijan, quindi, e non solo Tap.
Poseidon,
è un ulteriore gasdotto che approderebbe ad Otranto, 30Km più a sud del Tap di
San Foca.
Il Salento dovrebbe, secondo questi propositi,
diventare un vero e proprio hub energetico internazionale. Le battaglie locali
del Tap hanno catturato totalmente le attenzioni della società civile lasciando
campo libero agli accordi per la realizzazione di questa ulteriore pipeline le
cui alleanze sono state ufficializzate nella primavera del 2017 a Tel Aviv con
Israele, Cipro, Grecia e UE. Il gasdotto, ribattezzato East Med, porterà gas da
Libano, Egitto, Gaza, Cipro. Il ruolo dell’Italia nel Mediterraneo passa anche
attraverso le alleanze di Eni.
Zhor ha, infatti, trasformato l’Egitto in una
potenza energetica mentre Eni da holding energetica ha elevato il proprio
status a quello di una vera e propria ‘potenza politica ombra’, capace di
condizionare una vasta area comprendente paesi conflittuali[10].
Dunque il progetto appare funzionale al gas russo ma non solo.
Difficile
che il presidente Trump non sia a conoscenza delle mire russe. Eppure ancora
nel luglio 2018 nel corso di un incontro bilaterale con il premier Conte, gli
USA hanno fatto sapere che la penale nel caso in cui l’Italia si dovesse
ritirare dalla realizzazione del Tap si aggirerebbe tra i 40 e i 70 miliardi di
dollari. Una recente richiesta di delucidazioni in merito da parte della
società civile salentina è rimasta disattesa da parte dei Ministeri del Governo
Italiano i quali dichiarano di non essere in grado di fornire una risposta. Certamente
con l’Azerbaijan gli Stati Uniti intrattengono ottimi rapporti anche perché in
posizione strategica rispetto ad uno dei nemici storici degli USA: l’Iran. Gli
USA non nascondono di intendere promuovere la creazione di altre infrastrutture
nel settore petrolifero: l’intenzione è entrare nel mercato energetico europeo
con il gas naturale liquefatto (lng) e, per questo, necessitano di rigassificatori
e infrastrutture. Attualmente, inoltre, occupano le alture del Golan[11],
dove stanno svolgendo test finalizzati all’estrazione di petrolio attraverso la
compagnia statunitense Genie Energie.
D’altra
parte i vincoli paesaggistici, produttivi e naturalistici che fino ad oggi
hanno impedito la realizzazione di opere speculative, vengono sempre più
sciolti da norme ad hoc conseguenti la diffusione del batterio Xylella
fastidiosa, sebbene sia stato dalla Procura verificato, non essere
necessariamente causa del disseccamento degli ulivi. La richiesta di leggi
ritagliate su misura che possano liberare progetti di vario tipo in barba a
vincoli pre-esistenti, vengono addirittura apertamente richiesti dall’attuale
Presidente della Regione Emiliano[17]
mentre la Consulta ha già espresso parere negativo in merito alla
ripiantumazione di uliveti distrutti anche se sani in quanto ciò sarebbe di
impedimento alla realizzazione di opere strategiche, appunto. Lecito chiedersi
a vantaggio di chi vada veramente questo ‘strategismo’ ad oltranza che si
abbatte su di un territorio già in processo di desertificazione e bisognoso di
una progettualità resiliente e lungimirante più che sterminatrice.
Di
esperimento sociale a fini intimidatori parla l’Avvocato Giuseppe Milli,
difensore di quanti si oppongono alla realizzazione di Tap e all’espianto di
ulivi in Salento e racconta come i cittadini che in questi anni hanno
manifestato un legittimo diritto di espressione attraverso forme di resistenza
passiva siano, poi, stati raggiunti da Daspo e altre misure per presunti abusi.
Benvenuti
in tempi interessanti, dice il filosofo Zizek. Esistono, anche in questi tempi,
i margini politici per una transizione energetica che sia alternativa alla rovinosa
decadenza cui assistiamo? E’ possibile recuperare quella porzione di sovranità
che ci conceda di investire in opere energetiche che abbiano un senso ed un
futuro?
[1]
http://espresso.repubblica.it/attualita/2017/11/15/news/mia-madre-il-suo-lavoro-1.314101
[2]
http://espresso.repubblica.it/inchieste/2017/03/31/news/tap-ecco-gli-affari-sporchi-degli-uomini-dietro-il-gasdotto-in-puglia-1.298603
[3] L’opera sorgerebbe in una zona fortemente
antropizzata tra i comuni di Melendugno, Calimera, Castrì e Vernole. Un rischio
di smisurate proporzioni. In presenza di una fuga di gas basterebbe accendere
una sigaretta, pigiare l’interruttore della luce nei comuni vicini e si
verificherebbe una violenta esplosione.
[4]
http://espresso.repubblica.it/inchieste/2017/04/14/news/tap-il-gasdotto-dei-tre-regimi-erdogan-aliyev-amp-putin-spa-1.299622
[5]
https://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2018-05-04/co2-emissioni-crescita-italia-32percento-e-europa-18percento--184020.shtml?uuid=AE0r4yiE
[6]https://static1.squarespace.com/static/57050297356fb0e173a11732/t/58e3a35b03596e1e82b76ba9/1491313570500/A+climate+for+the+future_MaxiMiseR+report.pdf
[7] Consolato USA di
Napoli, “Southern
Italy's Growing Energy Sector”, Fri, 31 Oct 2008
15:59 UTC http://www.cablegatesearch.net/cable.php?id=08NAPLES79
[8] Theodoros Tsakiris
, “Great things have small beginnings: the strategic similarities of the
southern gas corridor to the early stages of east med corridor”, in:
https://cceia.unic.ac.cy/volume-13-issue-3-t-tsakiris-2/
[10]
https://www.lettera43.it/it/articoli/mondo/2018/09/13/eni-libia-petrolio-haftar-francia/223556/
[11]
https://www.wsj.com/articles/israel-gives-secret-aid-to-syrian-rebels-1497813430
[13] https://www.caat.org.uk/
[14]
https://www.facebook.com/3webtv/videos/vb.170955676648194/284402845303476/?type=2&theater
[15] La Direttiva Europea 82/501/CEE
è stata, poi, recepita dall’Italia con DPR 17 maggio 1988, n. 175. Tale
normativa impone il censimento delle attività industriali potenzialmente pericolose
e l’identificazione di tutte le sostanze dannose nonché di un piano per la
gestione di eventuali emergenze susseguenti a possibili incidenti e dispersione
delle stesse in ambiente.
[16]
https://energiaoltre.it/la-direttiva-seveso-non-si-applica-al-tap/
[17]
https://agronotizie.imagelinenetwork.com/agricoltura-economia-politica/2018/07/20/xylella-centinaio-valuta-decreto-legge-per-abbattimenti-piu-veloci/59604
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